«Chiudere tutto»: due mesi fa la decisione che ha evitato la strage di nonni nel Teramano

TERAMO – (alessandro misson) Mentre il Coronavirus faceva strage di nonni nelle case di riposo della Lombardia, divenuta un caso nazionale per i decessi e le inchieste scaturite dal Pio Albergo Trivulzio, nel Teramano gli anziani ospiti delle case di cura e di riposo erano più che protetti. Meglio dire “blindati”, grazie ad una serie di decisioni strategiche e responsabili assunte da un pool di dirigenti della Asp numero 1 e adottate da tutto il personale, a partire dai medici fino al centralinista della Rsa, passando per infermieri, operatori sociali e addetti alle pulizie. 

 

Niente visite di parenti; niente esami ospedalieri programmati; massima allerta sul fronte della pulizia e della sanificazione degli ambienti; responsabilizzazione del personale sanitario, nonostante la carenza di presidi Dpi e del personale non sanitario, invitato a ridurre al massimo i contatti sociali all’esterno della vita lavorativa; monitoraggio costante di ospiti e personale per intercettare l’eventuale sintomatologia del Covid 19, anche se i tamponi a tappeto sono arrivati appena una settimana fa; personale malato isolato in quarantena al minimo dubbio. L’obiettivo era impedire in qualsiasi modo prevedibile l’ingresso del virus nelle Rsa del Teramano, che – data la particolarità degli anziani ospiti, molti dei quali ultranovantenni e con varie patologie croniche – avrebbe certamente mietuto numerose vittime.

 

Quella decisione vitale di limitare prima (26 febbraio) e d’impedire poi (4 marzo) ogni contatto con l’esterno (mentre la Lombardia l’8 marzo decideva di trasferire gli anziani Covid nelle Rsa, accendendo il focolaio) per gli ospiti delle Rsa “De Benedictis” di Teramo, “Alessandrini” di Civitella del Tronto,  “Rozzi” di Nereto e “Campanini” di Sant’Omero, sta dando i suoi frutti oggi: a distanza di quasi due mesi non si è registrato alcun contagio di Covid 19 tra i 450 ospiti di Teramo e Civitella, (in attesa delle conferme dei tamponi attese in settimana per Nereto e Sant’Omero). 

 

Il merito di aver preservato la vita dei nostri nonni ospiti delle case di riposo è di tre donne, esempio di professionalità e di competenza all’interno delle istituzioni: Isabella Di Giacobbe di S&I Management Consulting, responsabile del servizio di prevenzione e protezione per la Asp 1; Sandra Di Domenico, direttore della Asp 1; Elisabetta Cantore, presidente della Asp 1. La prima, sulla scorta della sua esperienza con influenze ed infezioni virali interne alle Rsa, ha proposto di limitare gli scambi tra il mondo esterno alle Rsa e quello “protetto” delle residenze; la seconda, in assenza di protocolli governativi e regionali che sarebbero arrivati solo settimane più tardi, si è assunta la responsabilità di decidere e l’onere di sensibilizzare tutto il personale; la terza, nonostante la nomina freschissima d’inizio febbraio, si è fidata delle due esperte e le ha lasciate fare il loro mestiere, assumendosi la responsabilità pubblica delle scelte della Asp 1.

 

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ISABELLA DI GIACOBBE. «Più che bravi siamo stati fortunati. A livello sanitario non è stata una decisione difficile o complicata. Siamo abituati alle influenze stagionali, ai virus che possono circolare all’interno delle case di riposo. Ricordiamo che come seconda istituzione sanitaria del territorio dopo la Asl, abbiamo a che fare con ospiti assolutamente da proteggere, perché fragili e assai vulnerabili. Mi auguro solo che la situazione di zero contagi resti la stessa anche per il futuro, fino alla fine dell’epidemia».

 

 

 

 

 

 

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SANDRA DI DOMENICO. «La prima riunione con tutto il personale sul tema Coronavirus l’abbiamo convocata il 26 febbraio (ben prima dell’esplosione dell’epidemia in tutta Italia, ndr.). All’inizio è stato molto complicato spiegare le nostre decisioni soprattutto ai familiari». Non sono mancate proteste e lamentele, ma a distanza di due mesi la scelta è stata quella giusta. «La decisione di blindare le Rsa è scaturita dalle oggettive difficoltà che avremmo avuto nell’operare in caso di contagi all’interno delle strutture. I nostri ospiti rappresentano la fascia più fragile della popolazione teramana, e vanno preservati ad ogni costo». Per sopperire alla carenza di contatti con i familiari, nel frattempo gli anziani sono stati dotati di tablet per connettersi con i parenti e mantenere un contatto quotidiano.

 

 

 

 

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ELISABETTA CANTORE. Di problemi ne ha trovati tanti già all’atto della nomina da parte della Regione, all’inizio di febbraio. Mai avrebbe però immaginato che da lì a due settimane la sua presidenza avrebbe esordito con “il problema globale Covid”. «Ce l’abbiamo messa tutta e continueremo a farlo fino a quando non sarà passato il pericolo. Alla Asp ho trovato un gruppo esperto e affiatato di medici e dirigenti che ha permesso di assumere le decisioni giuste, al momento giusto. A posteriori è facile dire che abbiamo fatto bene a blindare le nostre Rsa e a “tracciare” ogni contatto tra interno ed esterno per impedire l’ingresso del virus. Rispetto alla Lombardia non abbiamo avuto lo stesso incombente problema che forse lì ha portato ad una scelta infelice, quella di ricoverare gli anziani malati di Covid nelle Rsa. A Teramo abbiamo fatto l’opposto, ma il sistema sanitario non ha subito la stessa ondata di pazienti. Se la nostra scelta di chiudere tutto si fosse rivelata sbagliata, oggi avremmo solo lamentale e critiche. Se avessimo invece sbagliato due mesi fa, quando siamo state criticate, oggi avremmo probabilmente delle vittime da piangere. Ciò non è accaduto e faremo di tutto affinché non accada in futuro».